Don Raffaè, la canzone di oggi (VIDEO)

Brano di Fabrizio De Andrè, pubblicato nel disco "Le nuovole" del 1990, con la collaborazione di Massimo Bubola.

di Dario Russo 13 Settembre 2012 23:08

In questo brano, la scuola di Genova rappresentata dal grande maestro Fabrizio De Andrè si fonde con la tradizione della cultura partenopea. De Andrè era innamorato di Napoli, seguiva le commedie di Eduardo De Filippo e gli piaceva parlare napoletano. Per il singolo e l’album Le nuvole – dove varrà inserito il brano – De Andrè richiama Massimo Bubola con cui aveva già collaborato in passato. In estate, Bubola era stato alle isole Tremiti, un tempo luogo usato per i confinati politici del Regno delle Due Sicilie. I carcerieri, gli unici abitanti delle isole, erano tutti napoletani e per tale motivo quando Bubola andò alle Tremiti in vacanza, scoprì che le persone parlavano in dialetto napoletano. Le principali famiglie discendenti delle isole erano gli Scognamiglio, gli Scotti e i Cafiero. Quest’ultimo cognome era ottimo per far rima con la parola brigadiero, mentre il nome Pasquale fu usato perché riusciva a far rima con Poggioreale. Fu così che nacque Don Raffaè, canzone scritta per parlare del sindaco del quartiere Sanità, famosissima commedia in tre atti di Eduardo De Filippo.

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Erroneamente, il boss Raffaele Cutolo pensò che la canzone fosse indirizzata a lui e così, quando uscì di galera, fece recapitare a De Andrè – in segno di riconoscenza – i libri di poesie che aveva scritto.

Nella canzone De Andrè fece anche un riferimento a Ciro Cirillo (ex assessore regionale ai lavori pubblici della giunta campana) sequestrato dalle Brigate Rosse; erano gli anni del tragico terremoto in Irpinia e del comando territoriale della così detta nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, che sembra sia stato decisivo per la liberazione di Cirillo, in un’oscura trattativa tra stato e camorra su cui non sono stati chiariti molti punti di una vicenda rimasta ancora oscura (per gli appassionati di cinema, si consiglia di vedere Il Camorrista di Tornatore con la splendida interpretazione di Leo Gullotta e le magnifiche musiche di Nicola Piovani).

La strofa diceva: “Qui non passa nemmeno uno spillo, né un Ciro Cirillo” ma data la delicatezza del caso preferì eliminare questa parte.

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